€23,00 Original price was: €23,00.€20,00Current price is: €20,00.
L’idea di questa giornata di studio nasce da una serie di piacevoli e interes- santi dialoghi con il compianto amico Mario Fulcheri con cui ho condiviso tanti momenti di conversazioni sulla vita, sul benessere, ma soprattutto sui giovani di oggi; sulle nuove dimensioni relazionali, sulle influenze profonde dei social media, ma soprattutto sulla dimensione esistenziale dei nuovi giovani, portatori di tanta nuova energia e lucidità, ma anche di tanta sofferenza, insicurezza e pro- fondo disagio, derivanti da una civiltà che cambia, abbandonando vecchi modelli e valori senza averne di nuovi significativi da portare.
Viviamo in un tempo accelerato, un tempo borderline in cui c’è la dissocia- zione tra l’intelligenza cognitiva e l’intelligenza emozionale, per cui i sentimenti e l’affettività sono distanti dal pensiero, ci sono più informazioni e meno sapere. L’accelerazione fa vivere solo emozioni, esse per divenire sentimenti hanno bi- sogno di tempo e non ce l’abbiamo, siamo più affaccendati ma anche più vuoti.
Il “furto del tempo” perpetrato ai danni delle relazioni affettive fra le persone richiamate verso “il fuori”, verso la competizione sociale, così da avere poco tempo per “il dentro”, per il tempo introspettivo, il tempo dei sentimenti. Sempre più spesso ci troviamo di fronte a una depressione mascherata da accelerazione, frutto di una modernità che noi definiamo ‘liquida’, la cui conseguenza è una situazione esplosiva che è necessario disinnescare.
Siamo improvvisamente entrati in una nuova era che ha messo a dura prova la nostra connessione con il passato e con il futuro. Stiamo assistendo a due rivoluzioni temporali che si sono susseguite una dopo l’altra: una fortissima ac- celerazione che ha esponenzialmente destabilizzato le interazioni sociali, e ora una imprevedibile riduzione della vicinanza fisica e del contatto corporeo a causa della pandemia da CoVid-19.
La situazione pandemica ha di fatto sviluppato un trauma, in particolare un trauma collettivo: non ne esistono altri coincidenti o simili, visto che guerra e terrorismo sono tutta un’altra cosa. E questo coincide con un tentativo quasi spontaneo di tutti noi durante il primo lockdown di ricontattare persone legate alla nostra storia anche molto lontana; un moto spontaneo della ricostruzione del tessuto relazionale che ci permette di essere resilienti di fronte a questo trauma collettivo.
Si tratta di un valore molto importante in questa fase, perché stiamo attraver- sando e andremo sempre di più verso un periodo di grande stress e soprattutto di stress traumatico, tanto da poter parlare di “post-epidemic syndrome”.
Le attuali ricerche si sono focalizzate sulla difficoltà di gestire questa situazione traumatica che genera angoscia, ovvero una paura senza nome, senza oggetto né contorni, e al successivo tentativo di rendere minacciose delle etnie, altri stati e regioni cercando un nemico che potesse farci passare dall’angoscia alla paura. La paura è infatti più «maneggiabile».
Si è sperimentato che il terapeuta, quando riesce a costruire delle condizioni di sicurezza e lui stesso si pone come persona degna di fiducia, crea una co-corregolazione reciproca, portando il paziente verso il benessere e la guarigione. Ci ritroveremo infatti con molte problematiche psicologiche legate alla sindrome post traumatica scatenata da questa pandemia. Ciò che sta accadendo è del tutto inedito, non solo dal punto di vista medico, ma anche dal punto di vista della salute mentale. I terapeuti non avevano mai affrontato un’emergenza tale,
che richiede prospettive e strumenti totalmente nuovi.